Trascrizione (rielaborata) della PRESENTAZIONE del libro, in Piazza Benedetto XIII, già Largo della Chiesa a San Giovanni in Galdo, il giorno 17 agosto 2023 |
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San Giovanni in Galdo |
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La foto di San Giovanni in Galdo riportata sulla copertina del libro è stata scattata dalla strada provinciale provenente da Campolieto, in prossimità del campo sportivo. Oltre al panorama del paese con lo svettante campanile, nelle giornate terse, sullo sfondo è visibile il Massiccio del Matese e le cime innevate. Dallo stesso punto è possibile scorgere anche diverse case di Campobasso. |
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Il paese si trova al centro di una conca, cosa apprezzabile percorrendo la Statale 87 (su cui spesso transito per andare da Campobasso al mio paese d’origine, Colletorto). Quando da studente mi recavo a Campobasso, una signora, originaria di San Giovanni, ma che lavorava ed era sposata a Colletorto, dal finestrino del pullman, indicando verso la vallata diceva “questo è San Giovanni, il mio paese”.
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strada che da questo comune (SP 76dir galdina) conduce proprio a San Giovanni. Credo che la maggior parte delle acque del bacino imbrifero provengano proprio da questo torrente.Il Fiumarello parte dalla cresta su cui si snoda la SS87, subito dopo la Stazione di Matrice, in vista e verso Campobasso. I due torrenti si incontrano a valle di San Giovanni, subito dopo il ponte in muratura (quello originale) oggi sovrastato da quello in cemento, della variante stradale della provinciale per chi proviene da Campobasso, che scavalca proprio il torrente Piano Molino. Nei pressi della confluenza ci sono ancora i resti del mulino. |
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Il punto più alto del territorio, posizionato a Nord del paese, è il Colle Rimontato (Core Mnnat), dove si trova anche il Tempio Italico. Mentre il punto più basso (370 mt) si trova al confine tra i territori di Toro e Monacilioni. Poco più avanti il Fiumarello sfocia nel Torrente Tappino che, a sua volte, è affluente del fiume Fortore. Questo è quanto ho scritto sull’orografia del territorio. Il libro e frutto di una ricerca sugli atti anagrafici, ma parlando del paese, così come avevo fatto con il CD-ROM su San Giovanni (dedicato unicamente agli aspetti del paese), ho voluto inserire questi elementi relativamente al territorio. |
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Nel frontespizio del libro ho voluto inserire uno schema molto semplificato di albero genealogico proprio per dare un’immediata idea del contenuto del libro. Nello stesso frontespizio ho messo in evidenza alcune aree tematiche trattate come il Consenso con Atto Notarile, l’Autorizzazione di Sua Maestà, il Consiglio di Famiglia, gli allegati degli Archivi Parrocchiali. Tutte cose di cui parlerò in seguito. |
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Mostro come documento il frontespizio del registro contenente gli atti di matrimonio proprio all’inizio delle registrazioni anagrafiche, cioè il 1809, secondo i dettami dei Codici Napoleonici del 1808. Naturalmente dal 1809 partono anche gli altri registri come quelli dei nati, dei morti, delle cittadinanze. Tutti questi documenti sono disponibili per la libera consultazione anche su internet su un sito curato dal Ministero della Cultura, facenso si che gli Archivi di Stato Provinciali digitalizzassero questi documenti. I Quando diversi anni fa, nel 1970 circa, mi recai per la prima volta all’Archivio di Stato di Campobasso, ricordo che questi documenti non potevano ancora essere digitalizzati, ma erano microfilmati. Quindi già al tempo si era trovata una forma di conservazione che sopperisse ad eventuali danneggiamenti o perdita dei documenti. |
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Quelli da me analizzati sono documenti che iniziano ad essere prodotti dal 1809 e sono disponibili (in libera consultazione) per San Giovanni fino al 1910. Il sito che permette di consultarli si chiama Antenati. Il mio lavoro è stato quello di analizzare, con grande fatica circa 1700 matrimoni che sono stati registrati a San Giovanni in Galdo dal 1809 al 1910. |
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Per iniziare, facciamoci innanzi tutto questa domanda: fin quando possiamo spingerci indietro nel tempo attraverso questi documenti? Per dare una risposta a questa domanda vi mostro un documento che pur trovandosi nei fascicoli dei matrimoni del Comune, non è stato prodotto dal Comune stesso. E’ un documento di quelli che redigevano i Parroci, gli Arcipreti ancor prima che venisse istituita l’anagrafe comunale. Iniziando a leggere il documento vediamo che esso fa riferimento alla Chiesa Arcipretale di San Giovanni Battista. All’epoca, la chiesa era proprio questa che affaccia su questa piazza e di cui resta visibile, come facciata, solo il portale. Questa era la chiesa del borgo, situata proprio nel luogo dove si svolgeva la vita del paese, ma c’era già anche la chiesa di San Germano. |
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Nell’atto parrocchiale vengono riportati anche i nomi dei Sacerdoti che hanno assistito il moribondo in ultimis. La persona a cui l’atto fa riferimento è Giambattista de Rubertis che ha 69 anni quando muore nell’anno 1756. Questo Giambattista de Rubertis, forse un antenato del Professor De Rubertis qui presente, era certamente un genitore o un avo di uno dei contraenti (sposo o sposa). Abbiamo visto che muore a 69 anni nel 1756. Se fate un po’ i conti, ci troviamo già nel 1600. Ma c’è di più perché sappiamo che era figlio di Francesco e Angelantonia Iacobucci. In questo modo siamo andati indietro anche fino alla metà del 1600. Nell’attestato sappiamo anche il nome della moglie di Giambattista, Giovanna Candia. Perchè c'e questo documento della Chiesa? |
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Quando si fanno i matrimoni occorre produrre dei documenti. Alcuni sono quelli che può fornire o a cui può far riferimento lo stesso Comune, come la nascita. Occorre avere la certezza dell’identità di chi si sposa e i dati devono essere anche precisi, alla virgola. All’epoca, a partire dal 1809, veniva richiesto anche il consenso dei genitori. Se questi erano in vita, davano il consenso all’atto della promessa (il matrimonio poi si teneva in chiesa). In questa promessa si diceva che erano presenti i genitori e che erano consenzienti. Immaginate all’epoca, in cui l’aspettativa di vita era relativa, i figli che si sposavano intorno ai 20, 25 anni e le donne con ad un’età leggermente inferiore rispetto quella degli uomini, poteva succedere, con una certa frequenza, che non avessero i genitori perché deceduti. Allora si doveva giustificare la loro assenza e quindi il Comune doveva acquisire il certificato di morte. Non avendo questi certificati nel proprio archivio comunale, in funzione solo dal 1809, si dovevano acquisire questi documenti da un archivio già funzionante, che era quello della Chiesa, Archivio Parrocchiale. Quindi ci si rivolgeva al parroco per richiedere l’attestato di morte dei genitori dei contraenti (sposo o sposa). Se il genitore era deceduto, la legge imponeva che a dare il consenso fosse l’avo (il nonno o la nonna) e, in caso di decesso anche di questi (cosa ancora più ricorrente) occorreva allegare il certificato di morte anche dell’avo. E questi attestati venivano chiesti all’Arciprete. |
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Proiezione tabella e grafico matrimoni |
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In cosa consiste il lavoro che ho fatto e i cui risultati ho riportato sul libro? Ho analizzato l’atto di matrimonio, che, in verità, è un atto di promessa che si faceva al Comune. All’inizio è riportato l’anno, che nel caso specifico che vi mostro è il 1846, giorno e mese. Il Sindaco che fa da Ufficiale dello Stato Civile, al tempo era Nicola Fazio. |
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Nel libro, all’inizio di ogni anno, ho riportato il nome del sindaco. Il sindaco poteva anche delegare altra persona che in genere era il Segretario Comunale, ma anche Assessori facenti funzione. Subito dopo viene riportato il nome dello sposo, l’età e la professione, nel caso specifico Luigi Fiorilli di 25 anni contadino. Viene riportata anche la paternità e la maternità. In questi atti di matrimonio non è presente il luogo di abitazione, che ho ricavato analizzando anche gli atti anagrafici dei nati e dei morti nello stesso periodo. Nel prestampato dell’atto di promessa, di lato, vi è la sezione riservata alla chiesa. Il Parroco davanti ai testimoni, Don Michele Passarelli scc.., consacra il matrimonio e rinvia il documento al Comune, accertandone l’avvenuta unione. |
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Anche il Comune esigeva la presenza di due testimoni dei quali è riportata l’età e la professione. |
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Antiche denominazione dei quartieri, le famiglie che vi abitavano, i cognomi più ricorrenti.
Il foglio elettronico, attraverso operazioni di filtraggio, permette di categorizzare i dati raccolti. La prima cosa che ha attirato la mia attenzione sono stati i nomi dei rioni e delle strade molti dei quali oggi non più usuali anche nella denominazione corrente.
La stessa piazza del borgo denominata Largo della Chiesa, oggi è intitolata a Papa Benedetto XIII Orsini.
Su questo aspetto, nonostante ne ho fatto cenno nella presentazione, tornerò più tardi. |
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Una delle denominazioni non più esistenti è Porta del Piano, immagino che nessuno dei presenti ha sentito questa denominazione. Dove si trova questa zona? Ho fatto un’ipotesi analizzando le famiglie che vi abitavano e ne ho dedotto che questa corrispondeva alla zona poi denominata Corso Annunziata (Oggi via Roma). Quella mia è una pura ipotesi e potrebbe rivelarsi decisamente errata, quindi occorrono ulteriori approfondimenti. Porta del Piano forse era solo una denominazione senza che vi corrispondesse una porta vera e propria in muratura. |
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Vi è una Piazza Dritta, anch’essa di difficile localizzazione, per quanto abbia fatto delle ipotesi. Ho rilevato, anche se in modo sporadico una Terra Vecchia. Quartieri e famiglie nel 1800 |
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Frequentemente troviamo riportato il Quartiere di Santa Barbara. Esso prende il nome dalla chiesa sconsacrata ivi presente. Il signor Battista Geremia, da me intervistato qualche decennio fa, raccontava: "qua si diceva pure a messa" (la chiesa è vicina alla sua abitazione). |
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Un'altra denominazione di quartiere è Forno Vecchio, ed anche in questo caso non ho trovato la precisa corrispondenza, anche se tutt’oggi troviamo la Rua del Forno.
Ho rinvenuto più raramente denominazioni come Pio Ospedale, forse un ospizio, una |
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Sempre con l’uso dei filtri del foglio elettronico ho individuato i Cognomi più ricorrenti, ma non è detto che quelli posti per prima, come Graziano ecc., siano i più numerosi.
Ce la fate ad ascoltarmi? |
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Non so dare una spiegazione precisa a questi trasferimenti, ma è un caso piuttosto singolare. Il Sindaco di San Giovanni, l'Arch. Domenico Credico, qui presente, rimarca il fatto che i trasferimenti hanno alla base motivazioni economiche, per trovare sussistenza alle proprie famiglie.
Questi cognomi sono tutt’oggi presenti a Colletorto, ma i rappresentanti di queste famiglie non ricordano questa loro provenienza. I Timperio hanno un’azienda olearia, i Pirci hanno un carpenteria metallica, i Piunno, titolari un tempo della taverna, sono diventati commercianti di cereali ed ora hanno negozi di alimentari a Campobasso. |
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ATTIVITA’ SVOLTE.
Sono quelle rilevate negli atti matrimoni sia per quanto riguarda i contraenti (sposo e sposa) che i loro genitori, ma anche quelle esercitata dai testimoni presenti agli atti.
Mel libro ho fatto due elenchi distinti per evitare confusioni nel riportare come periodo l’intero secolo 1800. In verità sarebbe stato opportuno farlo per periodi di 25 anni, ma poi ci sarebbero state sovrapposizioni dei nomi tra primo e secondo quarto di secolo. Quindi ho optato per la divisione in cinquantenni, prima dell’Unità d’Italia e dopo. E’ possibile che ci siano delle sovrapposizione tra padri e figli a cui è stata tramandata l’attività. |
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La maggior delle persone che abitavano a San Giovanni erano dedite alla coltivazione dei campi per cui l’attività prevalente riportata negli atti è quella di contadino, per alcuni periodi indicato anche come bracciante, agricoltori. Alcuni, che non lo erano già, diventano, col tempo. anche proprietari o possidenti. Un’attività che ricorreva soprattutto nella prima metà del 1800 era il Massaro di Campo. Il massaro gestiva le cose di campagna, le sue proprietà o quelle degli altri. |
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Quando mi sono sposato, a San Giovanni c’era ancora qualche artigiano, ricordo il fabbro che stava qui sotto e che mi pare si chiamasse Colarocchio. Mio suocero Michele Fratipietro contava amicizia con il fabbro e, in un caso, lo stesso fabbro trovò anche la soluzione ad un oggetto che mi si era rotto. Creare dal ferro una qualsiasi cosa per me è straordinario e vale altrettanto per quello che fanno muratori e falegnami, ecc..
Anche se in numero molto contenuto c’erano negozianti, cantinieri, merciai, carrettieri. Alcuni di questi ultimi acquisiscono il servizio postale, altri trasportano merci e anche persone. Troviamo, poi, i professionisti: Medici. Farmacisti, Speziali. Il farmacista era un laureato, lo speziale quasi un diplomato che preparava le medicine, unguenti e quant’altro. C’erano i Flebotomi, ne avete sentito mai parlare? Anch’io la prima volta sono rimasto “sorpreso”. Il flebotomo era il salassatore, quello che usava le sanguisughe. A San Giovanni ce n’erano 4 o 5, in genere era un mestiere che facevano i barbieri, (ma sono riportati anche dei veri e propri professionisti con tanto di Don, come don Pasquale Celenza). Poi c’erano le figure istituzionali, perché qui a San Giovanni, credo già dai tempi dell’istituzione dell’anagrafe comunale, e forse proprio in quel periodo, entrò in funzione il Giudicato Regio. Questo era un Tribunale con un Giudice, un Cancelliere, una serie di persone che vi lavoravano e gli uscieri, Questi ultimi, per il loro ruolo, erano così “riveriti” che la gente li chiamava col “don”. Lo stesso sindaco, del tempo, nella registrazione, antepone il don al nome quando li cita, spesso come testimoni agli atti. Tra di essi Don Zaccheo Miozzi. |
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Il Comune di San Giovanni in Galdo per un lungo periodo, come risulta nell'intestazione degli atti, era ubicato in via del Giglio e, credo, che condividesse gli stessi locali del Giudicato regio, che, per quanto riportato in Largo dei Fiorentini. Infatti, a fare da testimoni troviamo gli uscieri del Giudicato e, a volte, anche il Cancelliere, se non lo stesso Pretore. Normalmente questi testimoni erano persone che venivano chiamate al momento. Potevano essere artigiani o commercianti che abitavano lì vicino, persone sul tipo del pensionato di oggi. In alcuni periodi ci sono nomi ricorrenti e spesso sono serventi comunali o becchini (negli atti di morte in particolare). Recentemente sullo stesso palazzo è stata posta una targa in ricordo di Pasquale Ioffredi (che fu Consigliere regionale). Il Sindaco Credico, qui presente, evidenzia come quel palazzo sia una costruzione risalente al 1400 ed era un immobile isolato. |
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In questo stesso palazzo c'era la Caserma dei Carabinieri, come riferisce anche il Masciotta, in Largo dei Fiorentini e, pare che verso la fine del 1800, inizi 1900, per indisponibilità dei locali, fu trasferita a Toro. Il Signor Geremia nell'intervista dice che in questo immobile, indicatomi come palazzo Daniele, c'era la Pretura e la Caserma. |
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Con la presenza del Giudicato, c’era anche il Carcere Mandamentale in cui venivano reclusi soggetti pericolosi di tutto il Circondario. Ho ritrovato negli atti sia i nomi di persone carcerate, ma anche nomi di carcerieri, e tra questi il Custode delle Prigioni Giovanni Graziano. |
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C’erano Notai e Avvocati, riportati in genere come Legisti. Come Don Nicola e Don Giovanni del Vecchio, Don Francesco Credico, Don Giovanni Magri, Don Nicola De Majoribus. Questo ultimo cognome mi pare che non esista più a San Giovanni. Don Gennaro Passarelli, cognome che, penso, sia ancora ricordato, un Passarelli fu Segretario comunale, C’è un Don Pietro Vasilotta, ma, in questo caso, voglio far notare come abitasse in Largo della Croce, ovvero l’attuale piazza Municipio su cui insiste ancora il notevole palazzo che fu della famiglia. |
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Luoghi in cui si esercitavano le attività. |
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La prima zona che troviamo, diciamo, fuori dalle mura è Piazza del Giglio, proprio uscendo dall’arco del campanile. Tutta la strada doveva essere uno dei luoghi in cui ci dovevano essere queste attività, artigianali, di commercio e professionali Avvocati. Farmacisti, Medici. La stessa cosa vale anche per Borgo San Germano. Successivamente, proprio le attività esistenti in questo luogo più angusto, almeno per l’idea che mi sono fatto leggendo gli atti, si sono spostate, in particolare quelle artigianali, in Corso Annunziata (attuale Via Roma), dove c’erano spazi più ampi. Ma anche questo aspetto necessita di ulteriore studio. Ho dato una ragione nel libro, dicendo che lì potevano disporre di spazi maggiori, potevano disporre di botteghe a fronte strada. Immagino un maniscalco, un ferraio che ha bisogno di questi spazi. |
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Analisi degli Atti Parrocchiali allegati |
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A questo proposito, l’anno scorso, quando è stata fatta la nuova intitolazione di questa piazza, proprio qui è stato ricordato che questo Cardinale Orsini (in questa veste quando era a San Giovanni) da Papa (Benedetto XIII) abbia reso diffuso la registrazione, quando prima era a discrezione dei singoli arcipreti. |
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San Giovanni era legato a Benevento e alla Chiesa di Santa Sofia. li presente, in quanto era feudo ecclesiastico, e diversamente da altri paesi, faceva parte della zona di pertinenza dei vescovi, che nel tempo, si sono succeduti in quel luogo. L'Orsini viene qui a San Giovanni proprio perché era feudo ecclesiastico. |
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Suppongo che l’Orsini, quando veniva a San Giovanni, dimorasse proprio nella Casa Abaziale che affaccia su questa piazza. Il Cardinale Vincenzo Maria Orsini è venuto a San Giovanni nel 1707, come recita la lapide posta all’interno della Chiesa del Convento per consacrare la stessa chiesa e gli altari. |
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Mi dispiace un po’ per il Cardinale Fabrizio Ruffo. Nonostante i suoi trascorsi, abbiamo sempre immaginato che lo stemma posto all’ingresso della Casa Abaziale fosse dei Ruffo. Il Cardinale Ruffo viene in paese, molto tempo dopo l'Orsini, verso la fine del 1700, quando San Giovanni non era più feudo ecclesiastico Giambattista Masciotta, noto storico di Casacalenda, che ha scritto la monografia di San Giovanni (come quelle degli altri comuni del Molise a inizio secolo 1900) ricorda la figura del Ruffo, che come l'Orsini hanno una certa rilevanza storica. |
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Gli atti di Battesimo |
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L’Arciprete era quello che redigeva l’atto ma il battesimo lo faceva un Sacerdote (nel caso specifico Don Giuseppe de Majoribus, Prete Partecipante di questa Chiesa Arcipretale della Città di San Giovanni in Galdo) da lui autorizzato. Quello che vi volevo far notare è che questo atto che viene allegato al “processetto” di matrimonio viene redatto in copia 25 anni dopo. Nel caso specifico chi redige l’atto al momento del battesimo è l’Arciprete Francesco Magri, chi ne fa la copia per mandarla al Comune , nel momento in cui, 25 anni dopo, il battezzato si sposa, è l’Arciprete Belisario Magri. |
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Una curiosità riguarda i i compadri e le comadri,avvero i padrini. La maggior parte dei neonati veniva battezzato dalle persone comuni, ma (forse per ingraziarseli ci si rivolgeva a benestanti) e molto richiesta era questa signora la Mag.ca Elisabetta Miozzi (del Mag.co Domenico e Caterina Graziano) e alcune altre volte le sue sorelle. Vengono appellati come Magnigici. In qualche caso troviamo tra compadri e comadri anche persone di paesi distanti come un Saverio Picchione con relativa consorte di Bonefro, che, evidentemente, stante la distanza, fa procura all’Arciprete affinche sia rappresentato dalla Levatrice (di San Giovanni) Carmina Graziano. |
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Questi atti venivano redatti proprio all'interno della Chiesa che, un tempo aveva la sua facciata su questa piazza. Una facciata rettangolare, così come è stata ricostruita in modello esposto nel fondaco dietro questa postazione. L'idea da un quadro realizzato dal Prof. Annunziato De Rubertis, qui presente. Non la immaginavo in questa forma. |
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Atti di Morte allegati. |
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Nel libro ho cercato di salvaguardare la riservatezza, evitando di scrivere, a volte, i cognomi pur trattondosi di cose avvenutu oltre 200 anni. Lo esigono anche le regole deontologiche del sito dove sono pubblicati gli atti. Nei miei database (fogli elettronici) sono integralmente riportati cognomi e notizie. Chi ha interesse o curiosità può andarsi a ricercare gli atti in copia degli originali ed in questa ricerca, come nella ricerca dei propri antenati, possono fare affidamento sulla mia collaborazione on-line. . |
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Ho riportato questo caso particolare di una persona che non era di San Giovanni ma di un paese distante, mi pare oltre Campobasso. E’ il genitore o il nonno di una persona che viene a sposarsi a San Giovanni o che comunque ha attinenza con lo sposalizio. Mi pare che fosse una persona benestante e forse per qualche malefatta, senza l’onore dei funerali, viene gettato con dispresso nella sepoltura degli uomini del proprio paese. Questo, tra le altre, ci fa capire che c’era una distinzione delle sepolture tra maschi e femmine. Le sepolture all’epoca avvenivano intorno alle chiese, quelli erano i cimiteri di una volta. |
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Luoghi di sepoltura |
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E c’è anche qualcosa di collegato al Convento, non ho trovato proprio il riferimento a sepolture ma una lapide posta in fondo ricorda Don Nicola del Vecchio, di professione Legista, che muore nel 1837 a a 52 anni. In un atto parrocchiale si ritrova anche un Don Domenico del Vecchio, associato alla Chiesa del Convento. Chiesa che risultava di proprietà comunale, come ancora tutt’oggi lo è.
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Arcipreti e Sacerdoti |
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A partire dal 1753 troviamo Don Carmine Credico che, come detto, diventa anche Arciprete di Matrice.
Don Giuseppe Ciurla (o Ciarla come riporta Masciotta).
Don Giovanni Iannelli, cognome non usuale, oggi, nel paese.
Don Francesco Magri a cui segue l’Economo Don Giuseppe Magri per arrivare a Belisario Magri.
Poi Troviamo Don Francesco Benedetto Colajanni e a seguire Don Michelangelo Del Vecchio.
L’ultimo arciprete del periodo è Don Basilio Barile penso originario di Campodipietra.
Troviamo anche una serie di Diaconi che poi diventeranno Sacerdoti. |
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Questi sacerdoti erano presenti in particolare nelle famiglie benestanti. |
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Atti propri del Comune di San Giovanni in Galdo |
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Il Comune, come detto, era ubicato in Via del Giglio (oggi via Marconi) e, verosimilmente, nello stesso palazzo che ospitava il Giudicato Regio (in Largo dei Fiorentini). |
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Atti di Nascita |
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Nel caso di padre ignoto, la madre la si conosceva ed il bimbo prendeva il suo cognome. In realtà più grandi c'era anche il fenomeno degli abbandoni di questi neonati, vicino agli usci delle porte delle ultime case del paese. La mattina i proprietari si trovavano il neonato piangente e lo portavano dal Sindaco che, dopo i sommari rilievi, gli dava il nome e ne faceva l'affido. Penso che proprio per evitare questa pratica dell’abbandono, a livello centrale, fu consentito alla donna che aveva partorito di non essere nominata nell’atto di nascita. In questi casi i Sindaci mettevano al neonato nomi e cognomi di fantasia. Lo affidava alla levatrice che se ne occupava in prprio o lo conduceva al Befrotrofio di Campobasso. A volte, la mamma a distanza di tempo ne facevam il riconoscimento. |
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Atti di Morte |
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Un caso particolare è quello di queste quattro persone che sono morte a nella Catastrofe di Casamicciola del 1883, cioè un terremoto e queste persone sono morte sotto la macerie ed erano di San Giovanni. Cosa ci facessero a Casamicciola non lo so. Ricordo però che il mio bisnonno materno, nonostante non fosse un benestante, ma riusciva guadagnare qualcosa con la vendita dei prodotti del suo orto, ogni anni si reacava con la moglie alle Terme di Casamicciola per 15 giorni. Parlo dei casi particolari perché questi richiamano di più l’attenzione. In un altro caso una donna muore sepolta dalle rovine conseguenti al Terremoto del 26 luglio 1805, è un fatto avvenuto in un altro paese, ma si cita questo terremoto che è lo stesso a cui fa riferimento la Festa del Grano di Jelsi. |
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Emigrazione e morti all’estero e in viaggio |
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Riporto il caso di Antonio che muore nel Borgo di Stenton in America, capitato sotto una locomotiva e di questo evento ci sono due testimoni, il macchinista e un operaio italiano. Un caso non citato è quello di Saverio che muore per un colpo di pistola. Poi c’erano quelli che morivano in viaggio. Ce ne sono almeno due o tre che ho trovato. Uno di essi riguarsa un uomo che muore sul vapore di Commercio Bearu di una Società di trasporti armato a Marsiglia. Il Capitano della nave redige l’atto ed appena è possibile consegnarlo a terra, viene inviato al Consolato. Il cadavere credo venisse buttato in mare. Questi documenti erano scritti nella lingua della nazione in cui era avvenuto il decesso e il consolato italiano provvedeva a farli tradurre. |
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La Serie dei Sindaci |
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Altri Documenti allegati ai processetti di matrimonio. |
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Questo che vi mostro, anche se fatto dal Notaio Vena di Ielsi, è proprio il testo di un atto notarile di consenso. Il Notatio esigeva il suo onorario e le tasse di registrazione. C’era il Bollo con 12 grana e alla fine vi era la distinta di tutti i costi e il suggello, ovvero il timbro che lui definisce segno del mio tabellionato. Il timbro mostrato in basso è quello del Notaio Giovanni Mancini di San Giovanni Giovanni. Il timbro credo che sia proprio quello posto nell'atto di consenso dei genitori di Colletorto per la loro figlia che andava in sposa ad un sangiovannaro. |
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Autorizzazione di Sua Maestà il Re di Napoli per minorenni |
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Consiglio di Famiglia |
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La richiesta doveva essere fatta dalla parte in causa quindi lo sposo o la sposa. In verità era un parente che se ne interessava. Il Giudice convocava, in genere, tre componenti dal lato paterno e tre dal lato materno dello sposo (o sposa) ed erano loro a doversi esprimere sulla convenienza del matrimonio. Anche in questi casi, così come faceva il notaio per il consenso con procura, anche il Giudice con frasi fatte riportare sul provvedimento, esalta le qualità della sposa, la dote ecc. o nel caso dello sposo la possidenza ecc. Riporto un caso singolare relativo a Colletorto. Una ragazzina di 14 anni che aveva espresso la volontà di volersi sposare, dopo essere stata ascoltata, il Giudice la fa “segregare” in un’altra stanza, affinchè non senta ciò che diranno i parenti. |
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Alla ricerca dei propri ANTENATI e costruzione dell'ALBERO GENEALOGICO |
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Quasi i due terzi del contenuto del libro riguarda la raccolta dei matrimoni che si sono tenuti a San Giovanni in Galdo dal 1809 al 1910. Analizzando altri documenti di anagrafe ho cercato di integrare questi atti di matrimonio in modo da arrivare quanto più indietro possibile nel tempo, nella ricerca delle generazioni passate. |
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Faccio riferimento all'atto di promessa di matrimonio di Luigi Fiorilli, riportato all'inizio (qui trascritto nella pagina del libro). Il matrimonio è del 1846, riesco ad individuare il padre Carmine che a sua volta era figlio di Giuseppe, ma queste sono già delle integrazioni che ho fatto. Giuseppe è morto nel 1823 a 83 anni, ci troviamo nella prima metà del 1700 e, considerando che sono riportati anche i suoi genitori, possiamo dedurre che il padre Egidio sia vissuto all’inizio del 1700. Come collegare questo matrimonio di oltre un secolo e mezzo fa ai nostri antenati più prossimi? |
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I nostri antenati più prossimi (nonni e bisnonni) di cui sicuramente conosciamo i nomi, possono essere individuati nell'ultima sezione del libro (matrimoni di fine 1800 inizio 1900). Nell’esempio faccio riferimento ad un matrimonio del 1916 in cui Domenico Fiorilli sposa Maria Luisa Geremia. I Genitori di Domenico sono Carmine e Natalizia Credico. E qui, come vedete ho messo una nota di riferimento (Rif. 1874 17 Fiorilli-Credico). Questo significa che i genitori di Domenico si sono sposati nel 1874. |
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Vado a ricercare nel libro l’anno 1874 e il matrimonio 17 Fiorilli-Credico. Nel 1874, trovo che Carnine (padre di Domenico) è figlio di Luigi e Maria Incoronata Graziano. E qui c'è il successivo riferimento (Rif. 1846 14 Fiorill- Graziano). Vado a ricercare nel libro l’anno 1846 e trovo il matrimonio 14 Fiorilli-Graziano, a cui ho fatto riferimento all'inizio. |
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In questo caso specifico l’antenato più remoto a cui possiamo risalire per quanto riguarda Domenico Fiorilli (che si è sposato nel 1916) è Egidio con la moglie Elena d’Alfonso). Queste generazioni più remote sono deducibili solo dagli atti degli Arcipreti (allegati) perché se ci riferiamo all’atto di matrimonio vero e proprio, nell caso di questa famiglia, non andiamo oltre il 1846. |
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Possiamo costruire, a questo punto, l’albero genealogico che, nella parte apicale, non è altro che la trascrizione grafica di quello che è già riportato nel matrimonio 14 Fiorilli-Graziano del 1846. |
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I documenti presenti negli archivi anagrafici non ci permettono di spingerci ulteriormente nel tempo, ma abbiamo fatto comunque un salto, in qualche caso, anche di oltre tre secoli. |
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San Giovanni in Galdo, il territorio, il paese, note storiche. |
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Concludo con l'inserimento di qualche aspetto relativo al territorio e a qualche nota storica, così come avevo fatto con le realizza dione, nel 1998, del CD-ROM su San Giovanni in Galdo. |
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E proprio su Colle Rimontato sorge il Tempio Italico del II secolo a. C., ad evidenza che questo territorio era già abitato al tempo dei Sanniti. Una bella rappresentazione è quella che figura nel quadro del Professore De Rubersis, qui presente, in cui si venodo queste anime che si portano al tempio per omaggiare la dea Cerere per avere buoni raccolti. |
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Il nucleo primordiale del paese, nel luogo attuale, si suppone edificato intorno all'anno 1000. Esso sorge su un costone di roccia che sul lato ad nord-ovest sovrasta una zona impervia alla cui base scorre il torrente del Fosso San Rocco. Questo dirupo fa da protezione naturale all’abitato e vi troviamo solo case in parte diroccate, da cui "Muro Rotto", "Morrutto". |
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Evidentemente questa parte non è stata interessata dalla sovrapposizione di altre costruzioni come vediamo su via Marconi. Le case che contornano il borgo su via Marconi sono di fattura più recente, credo che non superino i 100 anni. Il Sindaco Credico evidenzia come all'interno di queste case, al piano terra, è possibile evidenziare le tracce di questo costone tufaceo. Inoltre in prossima alla porta occasum vi era una torretta di guardia. |
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Ad immettere nel borgo, dal lato superiore è l'arco sottostante il campanile. Qui, prima di entrare, possiamo osservare la mura di un'imponente costruzione, la Casa Abaziale. Questa sorge direttamente sul costone roccioso ed anche in questo caso, la sovrapposizione di altre costruzioni non ci permette di capire se vi fossero dei contrafforti. Su questo lato, non essendo la zona particolarmente scoscesa, è possibile che la difesa era rappresentata proprio dal costone stesso. |
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Fuori dal nucleo primordiale, ci troviamo nel luogo chiamato, un tempo, Largo della Croce (oggi Piazza Municipio), per la presenza di una Croce viaria del 1545. |
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Un ricordo va all’Abate e Parroco Don Giovanni Zampino che promosse il restauro della chiesa. |
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Ho inserito anche alcuni personaggi di San Giovanni che hanno avuto fama anche oltre i confini regionali. |
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In quest’ultima foto sono rappresentati alcuni costumi molisani, cosi come li ha affrescati l'artista Arnaldo De Lisio al Teatro Savoia di Campobasso. Mi si dice che solo uno è il costume tipico di San Giovanni. E qui voglio ricordare il Prof. Nicolino Di Donato da poco scomparso, che con il gruppo folcloristico degli Zig-Zaghini ha fatto conoscere le tradizioni del paese in tutto il mondo. |
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Ringrazio tutti voi qui presenti per aver partecipato e per l'attenzione dimostrata. |
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E' possibile qualche modifica del testo per correggere errori di scrittura, ripetizioni o incongruenze. |
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