La Principessa e il pezzente e...... il Copyright

C’era una volta un pezzente vagabondo che per necessità viveva di elemosine. Aveva con sé una cagnetta dal nome Bella. Si recava solitamente in una stessa casa. La donna infastidita, all’ennesima richiesta di elemosina, disse al mendicante di passare più tardi. Intanto la donna preparò una pizza, quella di granoni, di mais, e vi mise dentro del veleno. Il mendicante passò di lì a poco prese la pizza e ringraziò. Giunto vicino ad un torrente lo attraverso, ma la cagnetta non voleva seguirlo e, per invogliare la cagnetta all’attraversamento, gli lanciò un pezzo di quella pizza che teneva conservata nel tascapane. La povera Bella non fece in tempo a deglutire il secondo boccone che morì. Triste per la perdita della cagnetta ed affamato si incamminò di nuovo, vide un albero di melocotogno con i frutti, e vi lanciò contro una pietra, con la speranza di colpire uno dei frutti e farlo cadere a terra, quello sarebbe stato il suo pranzo. Il frutto, abbastanza grosso, cadendo, colpi una lepre incinta, il pezzente la raccolse, e prelevò la tenera carne dei leprotti non ancora nati. A questo punto mancava solo il pane, Vide alcune giovani donne che erano intente alla cottura del pane stesso e ne chiese un tozzo. Quelle donne erano sette e tutte portavano il nome di Anna. Il cibo per la giornata era assicurato, Giunse nei pressi di una chiesetta ed entrò, sull’altare vi era il libro delle sacre parole, ma lui, il pezzente, pensò bene di strappare dei fogli da bruciare per cuocere la carne del leprotti, utilizzando la fiamma di una lampada ad olio. E, costatato che sotto l’olio della lampada c’era l’acqua, la prelevò per berla.

Un bel pranzetto, non c’è che dire. A questo punto si sedette all’ombra di un albero e ripensò a tutta la vicenda e disse fra sé e sé "posso costruire una bella filastrocca":

Pizza ha ucciso Bella, portandomela addosso,

Menai a chi vidi e colsi chi non vidi

Ho mangiato il pane di sette Anne fatto

Ho mangiato la carne creata e non nata

L’ho cotta con il libro delle Sacre Sritture

Ho bevuto l’acqua che non stava ne in cielo ne in terra.


Una bella strofetta, non c’è che dire.

In uno di quei regni del mondo delle favole vi era una bella principessa, ma un po’ capricciosa. Le piacevano le filastrocce e sarebbe volentieri convolata a nozze con un giovane capace di saperne inventare di nuove. Tutti i giovani di corte pretendenti, però, non erano stati in grado di trovare una filastrocca inedita. E così il re mandò in giro per il reame un banditore che ricercasse l’uomo giusto. Il pezzente vestito con un saio fatto di un sacco di iuta continuò a vagabondare e un bel giorno si trovò nelle terra della principessa ed udì il banditore. Dopo qualche tentennamento si recò a corte ma, viste le sue condizioni, tutti lo scacciavano. Il re però stufo dei capricci della figlia decise di farle ascoltare la filastrocca del pezzente. La principessa, pur colpita da quella filastrocca, non aveva alcuna intenzione di sposare il pezzente. Comandò a tutti i dotti di corte di cercare la filastrocca sui libri, ma nulla. La principessa decise, a questo punto, di farsi svelare il significato e per far questo, furbescamente e all’insaputa di tutti, invitò il pezzente a passare una notte nella sua stanza.
La mattina successiva, davanti al Re e ai dotti di corte, la principessa (dopo averne carpito il significato nella notte) affermò che anche quella filastrocca era di sua conoscenza e che fosse messo a morte il pezzente.
Il pezzente, davanti a tutti, tolse un abito, avuto per l’occasione, e mostrò che sotto aveva la sottana della principessa. Ma volle che anche la principessa togliesse l’abito rilevando che sotto, al posto della sottana c’era il suo saio di iuta pieno di pulci. Ecco, esclamò il pezzente, come la principessa ha conosciuto il significato della mia filastrocca, nella notte passata col lei ci siamo finanche scambianti gli indumenti.

E qui mia madre non ricorda più il finale della favola.
Ma forse finisce proprio così.

Morale della favola: l’ho voluta raccontare perché oggi, ai tempi di internet, forse più che a quel tempo, ci si impadronisce di idee e di lavori altrui spacciandoli per propri. Ma solo chi li ha realizzati ne conosce lo studio, la fatica e il significato profondo.

©Michele Rocco - All rights reserved